mercoledì 17 luglio 2013

Silenzio stampa

Non ho assolutamente voglia, e tempo, di scrivere nulla.
Ho mille cose che frullano in testa, la frenesia e l'ansia di tornare a casa. Eliminare i fastidi, lasciar correre. Apprezzare il tangibile quotidiano.
Ho voglia di fare mille cose e riesco a farne 10... mmmm...

lunedì 3 giugno 2013

Silenzio


Cercati nel posto più nascosto,
cerca in quel buio,
cerca nella profonda caverna
nell’umidità salina della terra,
lì troverai
un piccolo cuore terrorizzato.
La solitudine sarà la salvezza:
il silenzio, seme della rinascita.

giovedì 16 maggio 2013

Aspettare


Sono arrivata ad una conclusione molto importante, che ha migliorato la mia vita da parecchi anni a questa parte. E di volta in volta, nonostante mi renda conto che da buoni risultati, non manco mai di chiedermi se sia una posizione egoistica oppure vigliacca. Una forte debolezza mascherata da qualcos’altro (questo me lo fa notare soprattutto una persona che mi conosce bene). Poi rinsavisco e mi dico che invece è un ottimo approccio a tutto.

Partiamo dal fatto che sentirsi delusi da qualcuno è un sentimento che logora e distrugge qualsiasi rapporto. D’amicizia, d’amore, di famiglia… di rispetto e amorevolezza in genere. È un sentimento che porta subito a provare rancore, a iniziare a soppesare le cose fatte, le cose mancate, porta a un terrificante modo di vivere basato sul do ut des, nel peggiore dei casi. E quante persone conosco che vivono così! Con taccuino mentale segnano e ricordano tutto: cosa hanno ricevuto, cosa hanno dato, facendo ben attenzione a dare sempre un pelino di meno di quello che hanno preso, così, tanto per poter pensare “Non mi frega nessuno”.
Mi sono ritrovata, in passato, devastata da questo senso di mancanza, di quel qualcosa che non tornava indietro, o forse, di quel qualcosa che aspettavo arrivasse, secondo il mio codice di vita: una parola, un gesto, un atteggiamento, qualsiasi cosa. Accorgersi del mio stato d’animo, felicità o tristezza che fosse. E questa mancata corrispondenza, tac!, spezzava di volta in volta qualcosa.
Un giorno mi sono chiesta: <<è possibile che le cose che mi aspetto dagli altri siano solo nella mia testa?>> ovvero, quanto è sensato misurare gli eventi solo col proprio metro? Probabilmente anch’io manco in questo. Quello che faccio io non è assolutamente certo che sia quello che avrebbe fatto la persona che mi sta di fronte. E magari, per questa persona, io sto rappresentando una delusione.
Ed eccoci qui, il nocciolo è questo. Non è corretto aspettarsi niente da nessuno, perché questa è la prima causa di delusione. Quello che per me è ovvio, per gli altri non lo è e viceversa. Quindi, o se ne parla apertamente, ma senza pretese, oppure vivi la tua vita felicemente senza preoccuparti di quello che verrà. Pensare, al massimo, che sarebbe bello se Tizio facesse/direbbe/darebbe questo o quello, ma non è detto che farà esattamente quello che tu ti aspetti. È un ragionamento forse traballante, ma per me ha funzionato. Prima inconsciamente, poi razionalizzando, ho teorizzato il tutto.

Non aspetto niente da nessuno. Neanche dalle persone più vicine a me. Tutto quello che arriva è una sorpresa. E se arriva zero, non cambia nulla, non significa nulla. Non aggiungo un segno meno alla lista, ma solo i segni positivi, gli accrediti. Esattamente come un conto corrente.
Non sono un asceta però (non ancora!!!) e i “torti” veri e propri ancora non riesco a digerirli. Quelli che proprio che trasudano cattiveria (ma si potrebbe pensare che ciò che per me è  cattiveria sia un'altra cosa per l'altro...). Ma ho cambiato il peso da dare a questa parola. Prima, un torto sarebbe stato qualcosa che oggi, in confronto, considero una vera e propria cazzata inesistente, di alcun peso. E funziona, funziona alla grande. Si vive allegeriti da un mucchio di scemenze. Si è più vicini alla felicità.

Ed infine, sempre per la serie scoperte dell’acqua calda, ho letto che (il mitico) Osho disse press’a poco la stessa cosa e qualche altra cosa in più, riferita in questo caso in un rapporto d’amore. L’ho letto in questi giorni e riporto un breve brano, che mi ha confermato il mio piccolo segreto di vita:

Donando il minimo e rimanendo in attesa di un ritorno, si resterà avari per sempre: quell’attesa e quell’aspettativa distruggeranno tutta la bellezza dell’amore.Se rimani in attesa e ti aspetti un ritorno, l’altro sente che lo stai manipolando. E ogni volta che senti che l’altro tenta di manipolarti, reagisci ribellandoti, perché è in contrasto con l’intimo bisogno della tua anima; infatti ogni pretesa dall’esterno ti disintegra, è un crimine contro di te perché inquina la tua libertà. Ora non sei più sacro, non sei più il fine, vieni usato come un mezzo, e l’atto più immorale del mondo consiste nell’usare l’altro come un mezzo.

Il che non significa che bisogna essere i fessi di turno e rallegrarsi se qualcuno ti pesta i piedi o addirittura ti sale in testa. No, significa che la libertà di ognuno deve essere rispettata, anche tra un intimo rapporto di coppia, amicizia, famiglia…

mercoledì 15 maggio 2013

Take my breath away

Ho cancellato questo post, 
mi sono resa conto che certe volte le parole
 non possono essere equivalenti a quello che si vorrebbe dire...
ed io ultimamente ho perso un po' di smalto
nel mio scrivere.

venerdì 10 maggio 2013

Django Unchained


 
 
Finalmente sono riuscita a vedere Django, l’ultima fatica di Quentin Tarantino.
Bello, bello, bello. E poi che dire, Tarantino non si smentisce, un grande. La trama prende, e lo sfondo storico arricchisce questo inconsueto western. Da ricordare alcune scene, rubacchiate a Leone? Chissà…
Ritrovo un po’ tutto il background tarantiniano, dal pulp di Pulp fiction e Le iene, alla vena poetica di Bastardi senza gloria, i flash back, alcuni nonsense… e come al solito, Tarantino sceglie di interpretare la parte del demente di turno. Ma come è suo solito, ad ogni pellicola aggiunge un tocco in più: va sempre più affondo, la storia nella storia, irriverenza, amara comicit. Tarantino si è lasciato ammaliare dal lieto fine, che stavolta, confesso, non aspettavo. Ma dopotutto ci sta alla grande. Però avrei gradito meno fiumi sanguinolenti, chessò, a tratti mi è sembrata una forzatura, anche se lo splat è stato sempre la firma del regista, credo che prima o poi Tarantino debba superare questo laccio pulp che lo tiene legato ancora a Dal Tramonto all'Alba.
Bene Di Caprio nella parte del cattivo.

Lo consiglio, a meno che odiate Quentin Tarantino.

Coscienza convenzionale

Scrisse Proust, che la maggior parte degli uomini vive secondo una coscienza convenzionale.
Questa terminologia brutale, mi spiazza. Punto.

lunedì 6 maggio 2013

Il giorno e la notte


Tutto è dualità: amore e odio, rabbia e compassione, giorno e notte, maschio e femmina, dolce e salato, caldo e freddo, male e bene... fa parte della vita.
Non devo aspettare che tutto sia ingoiato dalle tenebre, devo sapere che esiste quel buio che non fa vedere nulla. Ma con bianchi occhi la Civetta vede la luce. Alla notte segue sempre il giorno. E se durante il giorno ho vissuto apprezzando il calore del sole, durante la notte rifletterò aspettando: ritornerà. E sarà più splendente di prima, ringrazierò l'oscurità per aver creato l'attesa.

venerdì 3 maggio 2013

Valutazioni da grattarci il parmigiano

Una delle cose che più mi annoia è grattare il parmigiano. Non so perché ma sono contenta se qualcuno lo fa per me. Non compro quello già grattato perché non mi piace, preferisco quello grattugiato fresco. E allora, che fare,? Grattugio.

Oggi mentre grattavo prima e impanavo poi cotolette, ho ripensato ad una cosa che avevo fatto tempo fa. Precisamente risaliamo a 2 anni orsono. Avevo da poco iniziato a lavorare per una azienda emergente e mi sono ritrovata a fare “autopromozione” con un semplicissimo e noiosissimo volantinaggio (sarà questa noia l’anello di congiunzione con la grattugia). Avevo la possibilità di delegare questo lavoro ad altri, pagandolo ovviamente, ma vista la condizione di scarsità monetaria scelsi di farlo io, anche perché mi sarebbe tornato utile conoscere bene il territorio e dare un’occhiata in giro personalmente. Dunque non quantifico le unità dei volantini, ma ci ho impiegato circa una settimana, lavorandoci 3-4 ore al giorno. Essendo il periodo in cui scoprivo le idee di “positivismo” e di “visualizzazione dei propri successi”, iniziai ad immaginare che ogni biglietto che infilavo nelle cassette della posta fosse un seme di una pianta che da lì a poco avrebbe germogliato una fogliolina di... 100 €. Che cazzata, eppure è stato un buon incentivo per andare avanti e concludere tutto il giro. E mentre imbucavo immaginavo la pianticella coi 100 euro attaccati che fluttuavano nel vento. Poi me ne dimenticai. Nei mesi successivi ho sempre continuato a fare personalmente il mio giro di autopromozione buca per buca, ma con la testa non ho più ripensato ai semi e hai pezzi da 100. Evidentemente avevo i pensieri da un'altra parte, in cose che mi sembravano molto più concrete.

E dunque mentre mi annoiavo a grattugiare, ho ripensato a questa cosa. Ho calcolato che durante l’anno in cui ho lavorato per questa azienda, tutte le vendite che ho chiuso sono derivate da quell’unica settimana di giro, fatta il mese di aprile. Ho fatto tanti altri giri casa per casa nei mesi successivi, ho conosciuto tantissima gente, ho avuto tante trattative, ma le vendite chiuse sono derivate, nel tempo, da quell’unico giro, anche attraverso terze persone conosciute tramite clienti derivate da quel giro. Ci ho pensato bene, ed è proprio così! Assurdo. Ma ho anche calcolato il mio guadagno nell’anno. Sono andata a rivedere quante cassette avevo “seminato” quel mese, ho moltiplicato per i famosi 100 euro e… cazz…! la cifra coincide. E valutando che è il lavoro di una settimana di semina, mi pento di non averlo fatto bene e concentrata per tutte le altre volte. Che strana coincidenza. O è il potere della mente o meglio del pensiero che materializza i propri desideri?

giovedì 2 maggio 2013

Le acque calme

Lo avevo appuntato, e ora lo rileggo. <<Le navi giungono in porto da acque calme>>. Sta a dire che se il tuo cuore è in tempesta, nessuna bella cosa può giungere e approdare al tuo porto, né tanto meno se sei imbarcato, non potrai giungere su terraferma. E questo è vero.

Ho fatto una ricerca ed ecco, si tratta del Salmo 107(23-30)…
 
Quelli che solcano il mare su navi
e trafficano sulle grandi acque,
vedono le opere del SIGNORE
e le sue meraviglie negli abissi marini.
Egli comanda, e fa soffiare la tempesta
che solleva le onde.
Salgono al cielo, scendono negli abissi;
l'anima loro vien meno per l'angoscia.
Traballano, barcollano come ubriachi
e tutta la loro abilità svanisce.
Ma nell'angoscia gridano al SIGNORE
ed egli li libera dalle loro tribolazioni.
Egli riduce la tempesta al silenzio
e le onde del mare si calmano.
Si rallegrano alla vista delle acque calme,
ed egli li conduce al porto tanto sospirato.


Della serie: Lui si diverte a mescolare il mare, sta a vedere se hai fiducia in lui e poi… provvede.

Simpatico.

 

mercoledì 24 aprile 2013

Dolore e sofferenza


Osho docet #4

Il dolore è un fatto inevitabile. [ ...ok ]. Il dolore arriva sempre nella vita, non si può evitare. Il dolore è vissuto tanto più profondamente quante sono le gioie che riusciamo a concederci. La gioia e il piacere sono delle cose che la civiltà e le religioni hanno sempre cercato di evitare e combattere, come una pericolosa malattia che porta alla perdizione. Questo perché, eliminando il piacere, elimini il dolore. Se vivi sempre “in piano” sentirai molto meno le conseguenze degli alti e dei bassi. [ vero, ripenso a certe situazioni passate, certe concezioni popolari, certi ambientini cattolico-repressivi… brrrr ]. Il dolore fa parte della vita e, nella piena consapevolezza di essere felice, di vivere nella gioia, puoi vivere e provare ugualmente un grande dolore.
La sofferenza è qualcosa di diverso. La sofferenza è l’opposizione che noi mettiamo nel non voler accettare il dolore che stiamo provando. L’energia che usiamo per opporci, non fa altro che ingigantire e trattenere il nostro dolore, intossicando il nostro animo ed anche il nostro corpo. Se non opponiamo resistenza, se accettiamo che questo dolore c’è e ne prendiamo le giuste distanze, quando sarà il momento il dolore passerà e noi staremo meglio. [ Ci sto, anche su questo. Quanta sofferenza abbiamo quando non accettiamo qualcosa? È l’enfasi che mettiamo nel contrastare il dolore che lo amplia e ci fa soffrire molto di più ]. Quando ci succede qualcosa di brutto e diciamo <<Perché proprio a me! Non lo merito!>>, già in questo modo creiamo una barriera che impedisce al dolore di defluire, lo facciamo ristagnare in noi. Il Budda insegnava che dal dolore bisogna prendere le distanze. Se hai mal di testa, devi solo affermare: <<è solo un mal di testa, è mal di testa>>. [ come se fosse facile… come se fosse semplice accettare tutto quello che ti capita, è umano non accettarlo, è umano opporsi. Ma mi rendo conto che l’opposizione certo non risolve il problema. Lo trascina invece, e non ti libera! ].

Credo che la sofferenza sia un’enorme energia. A volte quest’energia viene liberata in sfoghi creativi, in operosità con fini positivi. Altre volte diventa distruttiva. E quanto è facile, che lo diventi. Quanto è facile commiserarsi. Si, mi è capitato di pronunciare quella frase, <<Perché a me?>>. Adesso non la direi più, non mi sento assolutamente in grado di poter dire una cosa dl genere. Implicherebbe il fatto che sarei migliore di qualcun altro. Che sarei degna di essere solamente felice. Che il dolore non dovrebbe farmi visita, che non me lo merito. E perché mai? Non è assolutamente così.


C’è un’altra questione invece che mi lascia perplessa: visto che si può prendere la distanza dal dolore, cosa succederebbe se si prendesse distanza dalla gioia? L’ho immaginato e, porcaccia miseria, sarebbe qualcosa di completamente malato! Alla fine si diventerebbe apatici. Dove sta scritto che è giusto vivere il dolore con distacco per evitare la sofferenza, e non vivere l’amore con distacco per evitare… chessò, la gioia? È un’idea paurosa… eppure… la risposta ci sarà sicuramente, non conosco abbastanza l’argomento per poterci ragionare. Dire che la gioia è piacevole e parla al tuo cuore, ti fa fiorire, rinascere, vivere, è la risposta più bella e che mi piace, ma mi sembra troppo scontata.  Anche se le risposte più semplici, sono quelle vere. Sarà così? Per adesso me lo faccio bastare!

martedì 23 aprile 2013

Pillole d’amore


L’idea di un amore eterno che ci è stata inculcata, ti distruggerà la vita. L’amore non è eterno. Nella vita vera tutto è mutevole; anche l’amore vero lo è. (Osho)1

 “Love”: la radice del nome anglosassone viene dal sanscrito lobh e significa “avidità”.
 
La libertà è un valore più alto dell’amore. Se l’amore ti toglie la libertà (anche libertà di guardare ad altri partner, ad esempio) non è amore.  (Osho)1

Amore: dal latino [amare] che sta per [camare], dalla radice indoeuropea [ka] desiderare, amare.
 
L’amore consiste nella coincidenza, nella sincronia del tempo “presente” di due persone che si amano: in uno stesso momento, nello stesso luogo, è importante solo l’ adesso. La disincronia di due amanti è la fonte di tutto il resto: gelosie, drammi, ricerche, rincorse, abbandoni… (A .Baricco)2

In greco antico, una parola sola non bastava per descrivere i vari aspetti dell’amore.
Philia (φιλία) è l'amore di affetto e piacere, ad esempio tra amici.  Eros (έρως), l'
amore sessuale. Pothos è il desiderio verso cui tendiamo, ciò che sogniamo. Stοrge (στοργή) è l'amore d’appartenenza, ad esempio tra parenti e consanguinei. Thelema (θέλημα) è il piacere di fare qualcosa, il desiderio voler fare….

 
L’amore non è un dovere, neanche quello verso i tuoi genitori, sono formalità indette dalla società, che non lasciano l’arbitrio di essere te stesso. Queste formalità, questi doveri, fanno dimenticare che ci sono cose che nella vita attendono di accadere. L’amore dentro te fiorisce spontaneamente se ti abbandoni, se non ti imponi di credere in qualcosa che non conosci. (Osho)1

 
1 liberamente tratto da Innamorarsi dell’amore, Osho

2 liberamente tratto da Palladium lectures, episodio 2


La chiave di lettura di Alessandro Baricco, durante una della sue lezioni e libere divagazioni sull’argomento, mi ha effettivamente dato uno spunto mai considerato: la sincronia. Questo va a confermare anche l’interpretazione “saggia” di Osho, avvalora la tesi per cui l’amore tra due persone non è una costante, non è una cosa che dal momento che la raggiungi la mantieni così com’è (e non c’era bisogno di un mistico per scoprirlo), ma l’idea che questo amore sia una coincidenza di momenti, momenti in cui due persone sono completamente libere di amare nella libertà concessa dall’altro, che si ritrovano e si guardano pensando solo a quel momento, senza i problemi del passato o del futuro, è un’immagine bellissima. E sarebbe impossibile mantenerla nel tempo. Puoi ricrearla, ma non sarà mai costante nel tempo! Sarebbe quasi disumano. E quando ci hanno detto: se oggi non ami più il tuo uomo/donna, è perché in realtà non l'hai mai amato/a.  .... .... ....
Piuttosto, è l’atteggiamento amorevole verso il prossimo e la natura, che possiamo cercare di mantenere costante; questo lo possiamo ottenere solo attraverso la consapevolezza di noi stessi, quel famoso stato “di grazia” che ci rende immuni da preoccupazioni.  Che se non erro, sarebbe quella virtù fondamentale, la gentilezza amorevole o Hezed, della cultura ebraica e della Kabalà.

venerdì 19 aprile 2013

Un alito di vento

<<L'amore entra in casa tua con la freschezza e la delicatezza di un soffio di vento, la riempie di fraganza e la ravviva, rimane il tempo concessogli dall'esistenza e poi se ne va. non cercare di chiudere tutte le porte, o quella stessa brezza diventerà soffocante, stantìa.
Nella vita tutto cambia e il cambiamento è splendido: ti arricchisce sempre di più di esperienza, amplia la consapevolezza, accresce la maturità.>>
Osho

Me ne devo ricordare, di questo. Quanto è vero, quanto fa male. L'amore entra, ti travolge, ti devasta, ti porta via, ti ossigena... e poi quando vuole, quando è l'ora va via... tu puoi solo aspettare di nuovo, lasciare la finestra aperta. Lasciarlo andare, lasciarlo tornare. Non comandi tu, certo che no. e ogni volta, sarà felicità, sarà dolore, sarà amore.

Osho docet #3 Corpo e mente


<<L’essere umano si rende appena conto che un giorno morirà, tale consapevolezza rimane nebulosa, nascosta dietro una cortina di fumo. E lo stesso vale per la vita: sei vivo, ma non sai ancora con esattezza cosa significa essere vivi. Quando parlo di riconoscimento, intendo il diventare consapevoli della natura di questa energia vitale che già si muove. Diventare consapevoli è l’inizio del viaggio […] la fine è arrivare ad essere vigili e presenti a tal punto che attorno a te non esiste più nemmeno un frammento di oscurità.>>

Un piccolo frammento di questa spiazzante verità ho iniziato a scoprirlo tempo fa attraverso la meditazione. È molto difficile per me riuscire a ritagliare un momento “sacro” da dedicare alla meditazione senza interferenze esterne, ma funziona davvero. Sia con il metodo della respirazione che con altri vari metodi di meditazione… quando si riesce a staccarsi da tutti e tocchi veramente il tuo spirito (mi chiedo, quanto abbia potuto minimamente raggiungere uno stato di tranquillo distacco per sentire l’essere rispetto le reali potenzialità della mente umana…), è una sensazione bellissima, di felicità. Essere consapevoli di se stessi alla fine non è che questo. Sapere di essere chi in un dove, in un momento che è in continuo divenire. Tutto ciò è spiazzante, veramente. Credo che tutti dovrebbero provarci e sperimentare le proprie potenzialità latenti… la meta è quella di demolire l’idea di se stessi, si è solamente parte di un tutto e nulla ti appartiene. Cosa c’è di più bello? Sono concetti che ho già assaporato ma avevo dimenticato, nell’ultimo anno soprattutto…
mi piace molto anche questo passo:

<<Qualunque cosa tu faccia, muoviti con profonda attenzione e presenza; in questo modo persino le piccole cose diventano sacre. Allora cucinare o pulire diventano un atto sacro, diventa un atto di devozione. Il punto non sta in quello che fai, ma in come lo fai. Puoi lavare il pavimento in modo meccanico, come se fossi un robot: lo devi lavare, quindi lo fai. […] il pavimento adesso è pulito, ma qualcosa che poteva accadere dentro di te non è avvenuto. Se fossi stato consapevole, non ti saresti limitato al pavimento, ma anche tu avresti vissuto un’esperienza di pulizia profonda.
Lava il pavimento in piena consapevolezza, alla luce della consapevolezza. Lavora, siedi, cammina; ma una cosa dev’essere sempre presente, come un sottile filo conduttore: sempre di più, illumina di consapevolezza tutti i momenti della vita. In ogni istante, in ogni azione, tieni viva la fiamma della consapevolezza: l’illuminazione non è che l’effetto complessivo […]>>

È difficile da spiegare… anzi, è difficile da capire, Osho lo spiega piuttosto bene… è strano, a volte ho questi lampi di essere mentre faccio le cose. Soprattutto quando mi trovo a camminare, camminare tanto perché devo andare da qualche parte, non per il gusto di passeggiare. Allora mentre cammino meccanicamente col passo modalità “speed” mi accade di “sentirmi”: sono lì a camminare ma effettivamente è il mio corpo che lo fa io sono da tutt’altra parte. Mi rendo conto che essere ed essere sono due cose diverse, corpo e mente, che di solito non s’incontrano molto frequentemente… ciao, sono il tuo corpo, le tue mani, le tue gambe, i tuoi occhi…
L’esempio del lavare il pavimento è emblematico (quanto maschilista!): quante cose facciamo durante la giornata perché le dobbiamo fare e basta? Passano giorni, settimane, mesi e noi facciamo facciamo facciamo… presi dal ritmo frenetico, e non ci accorgiamo mai di noi stessi. È la tipica cosa che fa andare via di testa chi fa un lavoro sedentario e ripetitivo… quanto tempo sprechiamo! Quanto quanto quanto tempo.

martedì 9 aprile 2013

Gan Eden


File:Garden-of-eden.jpg
 
Mi ha particolarmente colpita (e aperto nuove interessanti prospettive) la chiave di lettura ebraica di alcuni passi della Genesi, soprattutto la parte riguardante il Giardino dell'Eden, in ebraico Gan Eden.
In particolare, i kabalisti interpretano la storia di Adamo ed Eva, dell'Eden, dell'Albero Delle Vite e della Conoscenza del Bene e del Male, spiegando che: quello che da sempre la Chiesa ufficiale ha favolisticamente chiamato Paradiso non è altro che il nostro Pianeta Terra; gli uomini non sono mai stati scacciati via da questo Giardino lussureggiante, ma è stato l'Uomo stesso, conoscendo il Male, a mandare via dalla Terra l'Essere Spirituale. L'uomo, rimasto solo sulla Terra, ha distrutto il giardino e si è condannato a dover conoscere Lavoro e Dolore per poter continuare a vivere, alla ricerca costante della Felicità.


Tutto ciò è assolutamente, meravigliosamente e incredibilmente, coerente, reale e credibile. C'è qualcosa che mi affascina irrefrenabilmente, in questa interpretazione.
Andrò sicuramente avanti nell'approfondire l'argomento.

Fluire col mondo





<<L’ego nasce nella relazione con il padre e con la madre, ed è lì che dev’essere affrontato; altrimenti continuerai a tagliare  rami e foglie dall’albero ma le radici resteranno intatte. Se ti sei riconciliato con tuo padre e tua madre, sei diventato maturo: adesso non esiste più alcun ego; adesso hai compreso che eri indifeso, che dipendevi dagli altri, che non eri il centro del mondo. […] l’ego a poco a poco svanisce e, una volta cessato il conflitto con la vita, diventi tranquillo, sciolto e naturale, ti rilassi. A quel punto fluisci: il mondo non è più pieno di nemici, è una unità organica; il mondo non ti è contro, puoi accompagnarti ad esso fluidamente>>.


Osho

Questo passaggio mi piace. Non mi dice niente di completamente nuovo ma mi ricorda una cosa importante: sono io a mettere gli ostacoli  sul mio cammino. Non opponendo resistenza siamo liberi di fluire nella gioia della vita.

Osho docet #2 Arrendersi


<<L’amore accade solo quando ti arrendi>>

Nessuna citazione sembra più scontata. Ripenso a tante situazioni. Quando valutando i fatti, si valutano le conseguenze, lo stato delle cose. Si tirano le somme.
E tirando le somme il tuo conteggio deve sempre essere positivo, altrimenti sono guai. Ma che significa questo? Che bisogna uscirne sempre vittoriosi, altrimenti è un brutto affare? Voglio dire, oggi come oggi non si fa nulla se non c’è un tornaconto, e spesso facciamo questa valutazione anche con i rapporti con gli altri. E non è proprio questo, il male che ci affligge? Quanto è difficile fare qualcosa solo per il gusto di dare, senza poi tirare la somma e cercare il tornaconto. Sarebbe bello che gli altri facessero così con noi.

Dare senza ricevere, per il gusto di dare. Dare aiuto, dare una parola di conforto, dare una carezza, dare un bacio, dare dei soldi, dare compagnia, dare ascolto, dare un oggetto, dare allegria… è difficilissimo. Diamo solo a chi sappiamo ci darà a sua volta. Eppure è meraviglioso sentire bruciare il cuore dalla felicità di aver dato senza minimamente aver pensato di ricevere nulla in cambio, arrendendosi, abbandonando questo obbligo del do ut des su cui basiamo il nostro vivere.

Non posso pretendere di riempire il mio bicchiere di acqua fresca, se prima non lo svuoto… della mia bile.

sabato 6 aprile 2013

Osho docet #1 Liberarsi dai genitori


Non starò qui a fare il commento tanto meno il riassunto del libro che sto leggendo, ma certi passaggi, quelli che fanno scattare il click del meccanismo, vanno evidenziati. E.. track! , neanche sono a pagina 15 che subito iniziano le cose scomode: liberarsi dei genitori. È il primo passaggio che il mistico indica per iniziare a sviluppare consapevolezza dell’amore come sentimento puro, votato al dare e non al ricevere.

I nostri genitori ci hanno messo al mondo con le migliori intenzioni, ci hanno cresciuto “volendoci bene”, ma alla fine, per essere delle persone libere e capaci di amare, noi dobbiamo liberarcene. Perché è fottutamente vero che tantissime nostre azioni ricalcano i loro modi di fare, quello che loro avrebbero voluto che noi facessimo, quello che loro avrebbero fatto al nostro posto, quello che gli abbiamo visto fare quando eravamo piccoli. Inconsapevolmente loro ci hanno “formato” a loro immagine e già facendo così, inconsapevolmente ci hanno fatto del male, ci hanno impedito di crescere e di manifestare la nostra personalità. Non ho letto né Freud né Jung, e sull’argomento ce ne sono scritte e dette e fatte di cose, complessi e malattie ecc. ecc. sul rapporto genitori-figli… non è che Osho ha fatto la scoperta dell’acqua calda… è che ne parla così, senza preamboli, fronzoli o paranoie varie: liberati dei tuoi genitori, dalla forma mentis che inconsapevolmente ti hanno trasmesso. Quando ti accorgi di star facendo qualcosa non tanto per tua scelta, quanto per l’abitudine di farla così come ti hanno insegnato loro. I  genitori agiscono e poco alla volta sottraggono la tua capacità di amare che hai in modo innaturale in te quando sei un neonato, un bambino, un ragazzino. Non lo fanno per cattiveria ma lo fanno perché anche loro hanno imparato questo. e noi lo facciamo a nostra volta con i nostri figli. Cito:




<<Cancellali… e rimarrai sorspreso: se ti liberi dai genitori presenti all’interno nel tuo essere, diventi libero. Per la prima volta proverai compassione per i tuoi genitori, altrimenti no, rimarrai pieno di risentimento.>>


Ecco, ci ho pensato su ed è tutto esattamente e perfettamente così. (brivido...). No che non me ne fossi mai accorta, ma non avevo mai collegato il fatto che questo “insegnamento” trasmesso, molte volte ha prodotto effetti “restrittivi” piuttosto che dato nuove possibilità in genere. Paure, dubbi, sfiducia…

Mi è balenata una frase terribile, che mi disse una volta mio padre, quando cercava di arginare i miei slanci adolescenziali volti alla totale conquista del mondo (ahahaha!)… <Ricordati che chi ti vuole bene, spesso ti deve far soffrire!>. E io, giù di invettive. Poi, forse per un po’ di tempo ci ho creduto. Adesso mi rendo conto di quanto sia difficile fare il genitore, di quanta responsabilità si ha nel dare l’esempio, di quanto sia assolutamente di comodo una frase del genere.

Osho docet

Ho iniziato da poco un nuovo saggio di Osho.
Ho già letto qualcosa del mistico, è impegnativo perché  per cogliere i suoi messaggi, bisogna essere sintonizzati mentalmente e io ultimamente lo sono sempre meno, ma è una lettura che "risveglia" cose buone e allora, si va.
Il libro me l'ha prestato mia sorella, e si intitola Innamorarsi dell'amore. Stando solo al titolo, io non l'avrei neanche mai sfogliato: mi vengono in mente certi scritti psicomentali da quattro soldi che sanno di formula magica per trovare l'anima gemella o cose simili. Ma siccome di Osho mi fido, e di mia sorella anche, ho iniziato a leggerlo...

lunedì 1 aprile 2013

Con timore e grande gioia

01/04/2013 Lunedì dell'Angelo.

L'immagine che offre il Vangelo del Lunedì dell'Angelo è quello che forse preferisco. Immagino la tristezza di queste donne che vanno alla sepoltura dell'amato, meste, tristi, ancora frastornate. E poi la sorpresa, l'incredulità. L'Angelo che porta ancora una volta una notizia, che annunzia qualcosa di impotante. E una girandola di luci si accende nel cuore, sentir l'anima leggera... immagino questa scena in un'esplosione di primavera, mattina presto, odore di erba nell'aria... fiori di campo appena schiusi, il sole mattutino che colpisce la pelle ancora bruciando un po', il cielo terso, azzurro, gli uccellini che cinguettano sui rami colmi di gemme...
Prima o poi, o chissà quante volte è già capitato, anche noi incontriamo il nostro Angelo che ci annuncia qualcosa. Una notizia incredibile, incredibilmente bella per poterci credere, e forse a volte non ci crediamo, chiusi nel grigiore di un cuore impietrito da troppi dolori, troppe delusioni.
Arriva un Angelo, ci aspetta sulla soglia, davanti un masso divelto e ci dice qualcosa...

mercoledì 20 marzo 2013

Meglio un sacco di cemento


Era un pomeriggio come tanti, nell’assolata campagna, cullati dal sole tiepido e dal ronzio di api, mosche e cinguettar di passerotti. Mio nonno era in fase “ripensare al passato e far valutazioni”, quando tra un discorso e l’altro…

Tua nonna sì, che era una femmina come non ce ne sono più (mio nonno ha un linguaggio colorito da contadino/muratore ex partigiano… sarebbe da scrivere in dialetto stretto ma non sarebbe comprensibile a tutti, n.d.a.), non aveva i grilli per la testa! Santa donna, non ce ne sono più come lei! Sai che mi ha detto una volta, eh? Eravamo andati a XXX, a portare R. dal dottore, perché a quel tempo stava male che aveva (…) e siamo andati lì un pomeriggio, tutti insieme… quando siamo usciti dalla visita, faceva caldo, era un pomeriggio d’estate e lei che soffriva il caldo era giù, le ho detto <<Andiamo M. che ci compriamo un gelato!>>. A quei tempi non era come adesso che vai e prendi il gelato ogni giorno, si andava solo quando eri in città. Lei ci ha pensato, ripensato,  epoi mi ha detto <<Senti, noi siamo in 5, un gelato costa 5 lire, per prenderlo tutti spendiamo 25 lire. Sai che facciamo? Torniamo a casa, faccio una granita con i limoni che ci rinfreschiamo lo stesso, e con le 25 lire ci compriamo un sacco di cemento per finire la casa. Hai capito, tua nonna, a cosa pensava?

Il filo dei pensieri mi ha riportato a questo episodio, legato con l’altro Storia di una moglie e Gentil Marito , sempre sulla questione del ruolo della mamma nella famiglia… poi che mio nonno facesse vedere i sorci verdi a sua moglie, nonostante tutto, è un altro discorso.

lunedì 18 marzo 2013

Ancora Marilyn


Qualche giorno fa ho visto un documentario su Marilyn, “The last session”, uno dei tanti girati che ripropongono scritti, audio e scene sulla carriera e la fine di Norma Jeane.

C’è da dire che la commercializzazione dell’immagine di Marilyn mi ha da sempre infastidita, senza una precisa motivazione, forse perché mi evoca il lavoro di Warhol e dunque l’immagine troppo popolarizzata di questa bellissima donna. Qui dovrei aprire una parentesi su come ritengo geniale il lavoro di Warhol ma come non lo condivida… è il rimescolamento dell’acqua calda, per certi versi e… ma appunto dovrei aprire la parentesi ma la chiudo ancor prima, perché questo è un altro argomento.

Dicevo, ho visto questo documentario e mi sono soffermata a valutare alcuni aspetti di questa donna che non avevo mai considerato, come il fatto che fosse stata abbandonata, che curava maniacalmente il proprio aspetto e che annientava la sua personalità, pervasa da una profonda insicurezza e necessità di essere apprezzata, riuscendo però a farsi apprezzare solo per la sua bellezza. È vero, Marilyn emanava sessualità a chiunque le stava intorno, recitava questa parte dell’oggetto del desiderio. Ignoravo anche la faccenda del farsi fotografare. Di fatti, sembra che avesse timore e disagio nel stare davanti la cinepresa, perché rischiava di dover mettere a nudo qualcosa che andava oltre la sua immagine, non era abbastanza sicura di esserne all’altezza. Invece adorava essere fotografata, e chiamava il suo fotografo ovunque e in ogni momento, anche in piena notte, quando ne aveva voglia, quando rasentava una crisi di identità e sentiva probabilmente l’esigenza di riaffermarsi come donna, come Marilyn.
Hanno mostrato delle foto molto belle, molte non le avevo mai viste. Anzi, le più belle sono proprio quelle meno commercializzate forse, dove traspare anche un non so che di malinconico negli occhi di questa magnifica donna, perché di essere bella, è veramente bella, anche senza trucco il suo sorriso, per quanto un po’ teatrale e di ruolo, è molto, molto accattivante. Ecco, ho avuto proprio voglia di afferrare fogli e matite, cercare questi scatti su internet e disegnarla, proprio come mi ispirerebbe la voluttuosità delle vesti di Atena nike o il candore di Amore e Psiche. Sì, con pochi tratti si potrebbe caratterizzare questo volto dagli occhi truccati, gli zigomi alti, la bocca sorridente e la  dentatura perfetta. Ma mi sono fermata, no, non mi va. Mi sembrerebbe di profanare ancora una volta l’immagine. L’immagine che l’ha proprio distrutta, della quale non ha saputo portare il peso. In effetti, il video del compleanno di Kennedy dove lei canta Happy Birthday Mr President, è veramente penoso. Con occhi attenti si può leggere la fatica, la stanchezza e la distruzione a cui andava in contro in quel periodo. L’ostentare, il proporre ancora se stessa come Marilyn ma essere disfatta dalla stessa. Allora mi sono detta, no, sarebbe come riproporre ancora e ancora questo cliché della donna oggetto. Poi forse cambierò idea e vedrò il disegnarla come un tributo alla sua vita, un pensiero di solidarietà femminile ad una Diva che ha fatto sognare gli uomini e anche le donne, di poter essere, anche solo nell’immaginario sexy come solo lei sapeva essere.

domenica 17 marzo 2013

Storia di una moglie e Gentil Marito


Mi è balenato alla mente questo episodio di molti anni fa.
Era il mio periodo “cattolico praticante” (ma questa è un’altra storia). Eravamo un gruppo di 7-8 persone, piuttosto eterogeneo, che si incontrava una volta alla settimana per leggere la Bibbia, fare quattro chiacchiere e ovviamente, mangiucchiare qualcosa in compagnia. Ci incontravamo a casa di uno di noi, verso le 20.00, di solito infrasettimanalmente, e la cosa andava avanti massimo per un’ora e mezza visto che l’indomani si andava a lavorare. Eravamo simpatici, ricordo che nonostante non fossimo tra noi tutti “amici”, andavamo allegramente d’accordo. C’era una giovane mamma (diciamo trentenne, età che dal basso sei miei 19 anni appariva piuttosto lontana), mi sembra si chiamasse A., aveva due figli piccoli di circa 3 e 5 anni, un marito un po’ troppo serio, carina, dolcissima. Era una sera di queste, come tant; avevamo letto la Bibbia e chiacchierato davanti dei dolcetti. Al momento di andar via non erano ancora le 22,00, ci trovavamo all’ingresso ad infilare cappotti, scambiarci baci e abbracci e fare le ultime battute di una serata tra amici. Qualcuno aprì la porta per uscire e, sul pianerottolo delle scale, vediamo arrivare proprio in quell’istante il marito di A. con i due bambini a seguito che si trascinavano per le scale, i giubottini sul pigiama e una faccia da morti di sonno. Lui, incazzatissimo, nero in viso, sale gli ultimi scalini arriva sull’uscio e A., vedendoli, sorpresa e incredula gli va incontro chiedendo: <Cosa è successo?>. Il Gentil Marito, con grazia le rispose con un bello scappellotto in testa e molto più soavemente le ringhiò tra i denti: <Sei ancora qui?!>. La povera A., sempre più incredula <Ma è successo qualcosa ai bambini?> e lui <I bambini hanno sonno, chiedevano dov’era la loro mamma!> e l’afferrò da un braccio trascinandola giù per le scale e via a casa, donna! Che hai una famiglia!
Noi rimanemmo allibiti. L’altro papà del gruppo farfugliò qualcosa al Gentil Marito per cercare di quietare gli animi, ma non fu molto convincente perché il dubbio che sarebbe stato meglio farsi i cazzi suoi era molto forte.
La cosa “bella” del fatto è che pochi giorni prima il Gentil Marito ci disse, mentre A. non c’era, che era molto felice perché vedeva sua moglie finalmente contenta nel poter frequentare una compagnia come la nostra. <Prima>, confessò, <quando frequentava i Testimoni di Geova, l’avevo persa, non era più la stessa! Sono contento di darle questo tempo tutto per lei!>
E sti cazzi!

Così A. La Mamma quella sera seguì in silenzio il Gentil Marito, tornò a casa, probabilmente chissà, il giorno dopo cucinò un bel pranzetto per farsi perdonare, coccolò i suoi bambini, forse col senso di colpa per averli abbandonati, cercò di essere una mamma e una moglie migliore. Ho forti dubbi nel credere che invece, A. La Donna avrebbe voluto dire al Gentil Marito, vedendoselo davanti quella sera: <Testa di Cazzo che non sei altro, non riesci a mettere a letto i tuoi figli? Preferisci venire qui a inscenare questo siparietto per umiliarmi? Ti sei sputtanato alla grande stasera, Cazzone!>. Ma A. forse era troppo per bene per usare questi termini coloriti, tuttavia il succo del messaggio sarebbe stato questo.

Questo mi fa pensare al ruolo delle donne nelle famiglie. Non voglio fare il solito discorso sui maltrattamenti alle donne o sull’emancipazione bla bla bla… no, penso solo a quanto nelle nostre famiglie fanno le mamme, le moglie, le sorelle… Perché una Donna in quanto tale, all’interno di una famiglia assume tanti valori, tanti colori diversi, e spesso rinuncia al suo. Una mamma pensa prima ai propri figli e i propri figli hanno bisogno di un papà, il papà che è un Gentil Marito o chiunque altro, ma è sempre un papà. Le mamme sono la colla delle famiglie. Sono prima questo, poi sono anche donne. Le donne riescono a far questo. sanno quando devono perdonare, quando alzar la voce, quando far finta di niente. Anche in silenzio riescono a farsi sentire. Sanno trattenere, sanno quando è il momento di lasciar andare.


giovedì 7 marzo 2013

Della miserabilità

Guardare il mondo da dietro un vetro sporco di polvere, osservare i fatti e spogliarli dei giudizi d’impeto, delle impressioni, delle valutazioni sentimentali…
Mi ritrovo ad estraniarmi dalla centrifuga delle cose, quello stato in cui tutto gira veloce veloce e non c’è tempo per fermarsi, prendere le distanze, valutare, assaporare, gettar via. Faccio un passo indietro e mi scosto dalla pioggia violenta di parole e cose gettate lì, troppe informazioni e altrettante disinformazioni.
Da questa posizione un po’ arretrata, possono farsi tante valutazioni, vedere le cose forse con il loro colore più vero, con le giuste discromie o sfumature gradevoli. E da qui, ne vedo tante di cose. Tante cose belle che spesso non sono portata a considerare, le più piccole cose che possono allietare il cuore: un sorriso, un gesto, un raggio di sole tra le persiane.
E poi, vedo tanti, tanti gesti disperati, insensati, dettati dai rancori e dall’invidia. Mi accorgo di quanto sia miserabile l’essere umano, capace di cose meravigliose ma altrettanto abile nel disprezzare il prossimo, se stesso, la natura. Certo, io mi ci metto in mezzo, a piene mani. E da questa constatazione di uno stato così commiserabile della bassezza dell’uomo, dal più profondo del mio cuore chiedo perdono, a me stessa, agli altri, al nostro Creatore se volesse ascoltarmi. Perdono per questa miseria di vita che facciamo, quando scendiamo dal macchinone fiammante con le nostre buste piene di roba pagata con i soldi che guadagniamo a lacrime e sangue per poter conquistare uno status che mai raggiungeremo, chiedo perdono quando un fratello non saluta l’altro fratello per questioni di onore e rispetto, chiedo perdono per quella persona che ci ha rubato 550 €, perdono per noi che ci arrabbiamo per cose che, di fronte una malattia, una morte, un pianto di gioia o una nuova vita, si svuotano di ogni significato.


Perdono per la nostra miserabilità, per tutte quelle volte che invece di ringraziare e amare ciò che abbiamo, vogliamo ottenere sempre e solo di più.

Tutto ciò che verrà sarà misurato dalla mia capacità di gioire oggi, non dalla quantità di fiele che metto nel creare il futuro distruggendo il presente.

 

giovedì 28 febbraio 2013

Stanca, vigliacca o saggia?


A volte ho il dubbio di essere troppo, troppo accomodante. Ultimamente più persone vicino a me mi hanno confidato di vedermi remissiva, dove in situazioni che non condivido, dopo un primo dialogo chiarificatore, lascio correre ogni successivo atteggiamento recidivo che non condivido.

<<Attenzione, rischi di essere sottomessa! Perché non vuoi tirare fuori le palle?>>

Macché, in confidenza, non me ne frega niente. Ho cambiato profondamente opinione sul concordare o meno opinioni e azioni con gli altri, anche con i familiari, anzi forse soprattutto. Lascio correre, perché non ho voglia di imbastire discorsi, sostenere tesi, iniziare ad elencare errori e gesti eroici, difendermi dalle accuse e a mia volta ribattere… che noia, che spreco di energia. Dove sta scritto che tutti dobbiamo condividere le scelte che facciamo? Rifuggo ogni occasione di astio. Addolcisco ogni parola mirata a criticare, seppur costruttivamente. Finché non ci sarà una reale, concretissima situazione per la quale sarà necessaria la mia più cruda esposizione, io resto - come sempre, come da molto tempo a questa parte – disponibile ad ogni dialogo, discussione, ragionamento, ma lontana da ogni parola che potrebbe innescare litigi e infartuanti discussioni su situazioni presenti-passate-future, quelle dove finisci per menzionare i torti e i favori da 50 anni a questa parte, i ricordi sbiaditi di situazioni che ognuno ricorda secondo la sua più pittoresca versione, incocludenti parole su parole su parole…..

Sto bene così, vivendo il mio presente. Il passato è stato. Il futuro è in divenire. Nessuno conosce bene la verità come la propria coscienza.

Ma a volte, ho il dubbio di essere troppo accomodante, soprattutto sulle piccole cose. Inizierò così ad essere una subordinata delle decisioni del mio prossimo, solo per non aver voglia di innescare discussioni? Sarà che tante volte le mie posizioni vengono fraintese. Sarà forse, che fraintendo le azioni degli altri. Aspettarsi qualcosa da qualcuno è il primo passo per rimanere delusi e avvilirsi. Ricevere senza aver avuto aspettative porta solo gioia. Così mi infastidisce quando qualcuno si aspetta qualcosa da me perché il suo “codice” lo richiede…

Non mi sento sottomessa. Lascio la fatica delle ciarle agli altri. Le mie idee sono qui, chi vuole ascoltare ascolti, chi le vuole capire capisca, chi le vuole condividere, condivida. Può farmi solo piacere. Chiaramente tutto ciò vale anche per gli altri, che facciano quello che meglio credano. Il resto è niente.

Sta di fatto che ogni tanto, quel ribollire quasi adolescenziale di ribellione si fa sentire in fondo alla gola, e manderei in quel posto ameno e lontano volentieri il mio prossimo. Quella voglia di urlarsi in faccia come il primitivo bisogno del leone di ruggire nella savana per far sentire la sua presenza. Invece la belva cova sorniona nel silenzio, ogni tanto apre un occhio ma, troppa fatica scomodarsi. Perché sa che se inizia a ruggire, poi deve continuare a difendere il territorio, invece è così comodo osservare tutto dal ramo di un albero!

Il tempo passa e divento più stanca, vigliacca o saggia?