mercoledì 24 aprile 2013

Dolore e sofferenza


Osho docet #4

Il dolore è un fatto inevitabile. [ ...ok ]. Il dolore arriva sempre nella vita, non si può evitare. Il dolore è vissuto tanto più profondamente quante sono le gioie che riusciamo a concederci. La gioia e il piacere sono delle cose che la civiltà e le religioni hanno sempre cercato di evitare e combattere, come una pericolosa malattia che porta alla perdizione. Questo perché, eliminando il piacere, elimini il dolore. Se vivi sempre “in piano” sentirai molto meno le conseguenze degli alti e dei bassi. [ vero, ripenso a certe situazioni passate, certe concezioni popolari, certi ambientini cattolico-repressivi… brrrr ]. Il dolore fa parte della vita e, nella piena consapevolezza di essere felice, di vivere nella gioia, puoi vivere e provare ugualmente un grande dolore.
La sofferenza è qualcosa di diverso. La sofferenza è l’opposizione che noi mettiamo nel non voler accettare il dolore che stiamo provando. L’energia che usiamo per opporci, non fa altro che ingigantire e trattenere il nostro dolore, intossicando il nostro animo ed anche il nostro corpo. Se non opponiamo resistenza, se accettiamo che questo dolore c’è e ne prendiamo le giuste distanze, quando sarà il momento il dolore passerà e noi staremo meglio. [ Ci sto, anche su questo. Quanta sofferenza abbiamo quando non accettiamo qualcosa? È l’enfasi che mettiamo nel contrastare il dolore che lo amplia e ci fa soffrire molto di più ]. Quando ci succede qualcosa di brutto e diciamo <<Perché proprio a me! Non lo merito!>>, già in questo modo creiamo una barriera che impedisce al dolore di defluire, lo facciamo ristagnare in noi. Il Budda insegnava che dal dolore bisogna prendere le distanze. Se hai mal di testa, devi solo affermare: <<è solo un mal di testa, è mal di testa>>. [ come se fosse facile… come se fosse semplice accettare tutto quello che ti capita, è umano non accettarlo, è umano opporsi. Ma mi rendo conto che l’opposizione certo non risolve il problema. Lo trascina invece, e non ti libera! ].

Credo che la sofferenza sia un’enorme energia. A volte quest’energia viene liberata in sfoghi creativi, in operosità con fini positivi. Altre volte diventa distruttiva. E quanto è facile, che lo diventi. Quanto è facile commiserarsi. Si, mi è capitato di pronunciare quella frase, <<Perché a me?>>. Adesso non la direi più, non mi sento assolutamente in grado di poter dire una cosa dl genere. Implicherebbe il fatto che sarei migliore di qualcun altro. Che sarei degna di essere solamente felice. Che il dolore non dovrebbe farmi visita, che non me lo merito. E perché mai? Non è assolutamente così.


C’è un’altra questione invece che mi lascia perplessa: visto che si può prendere la distanza dal dolore, cosa succederebbe se si prendesse distanza dalla gioia? L’ho immaginato e, porcaccia miseria, sarebbe qualcosa di completamente malato! Alla fine si diventerebbe apatici. Dove sta scritto che è giusto vivere il dolore con distacco per evitare la sofferenza, e non vivere l’amore con distacco per evitare… chessò, la gioia? È un’idea paurosa… eppure… la risposta ci sarà sicuramente, non conosco abbastanza l’argomento per poterci ragionare. Dire che la gioia è piacevole e parla al tuo cuore, ti fa fiorire, rinascere, vivere, è la risposta più bella e che mi piace, ma mi sembra troppo scontata.  Anche se le risposte più semplici, sono quelle vere. Sarà così? Per adesso me lo faccio bastare!

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