mercoledì 20 marzo 2013

Meglio un sacco di cemento


Era un pomeriggio come tanti, nell’assolata campagna, cullati dal sole tiepido e dal ronzio di api, mosche e cinguettar di passerotti. Mio nonno era in fase “ripensare al passato e far valutazioni”, quando tra un discorso e l’altro…

Tua nonna sì, che era una femmina come non ce ne sono più (mio nonno ha un linguaggio colorito da contadino/muratore ex partigiano… sarebbe da scrivere in dialetto stretto ma non sarebbe comprensibile a tutti, n.d.a.), non aveva i grilli per la testa! Santa donna, non ce ne sono più come lei! Sai che mi ha detto una volta, eh? Eravamo andati a XXX, a portare R. dal dottore, perché a quel tempo stava male che aveva (…) e siamo andati lì un pomeriggio, tutti insieme… quando siamo usciti dalla visita, faceva caldo, era un pomeriggio d’estate e lei che soffriva il caldo era giù, le ho detto <<Andiamo M. che ci compriamo un gelato!>>. A quei tempi non era come adesso che vai e prendi il gelato ogni giorno, si andava solo quando eri in città. Lei ci ha pensato, ripensato,  epoi mi ha detto <<Senti, noi siamo in 5, un gelato costa 5 lire, per prenderlo tutti spendiamo 25 lire. Sai che facciamo? Torniamo a casa, faccio una granita con i limoni che ci rinfreschiamo lo stesso, e con le 25 lire ci compriamo un sacco di cemento per finire la casa. Hai capito, tua nonna, a cosa pensava?

Il filo dei pensieri mi ha riportato a questo episodio, legato con l’altro Storia di una moglie e Gentil Marito , sempre sulla questione del ruolo della mamma nella famiglia… poi che mio nonno facesse vedere i sorci verdi a sua moglie, nonostante tutto, è un altro discorso.

lunedì 18 marzo 2013

Ancora Marilyn


Qualche giorno fa ho visto un documentario su Marilyn, “The last session”, uno dei tanti girati che ripropongono scritti, audio e scene sulla carriera e la fine di Norma Jeane.

C’è da dire che la commercializzazione dell’immagine di Marilyn mi ha da sempre infastidita, senza una precisa motivazione, forse perché mi evoca il lavoro di Warhol e dunque l’immagine troppo popolarizzata di questa bellissima donna. Qui dovrei aprire una parentesi su come ritengo geniale il lavoro di Warhol ma come non lo condivida… è il rimescolamento dell’acqua calda, per certi versi e… ma appunto dovrei aprire la parentesi ma la chiudo ancor prima, perché questo è un altro argomento.

Dicevo, ho visto questo documentario e mi sono soffermata a valutare alcuni aspetti di questa donna che non avevo mai considerato, come il fatto che fosse stata abbandonata, che curava maniacalmente il proprio aspetto e che annientava la sua personalità, pervasa da una profonda insicurezza e necessità di essere apprezzata, riuscendo però a farsi apprezzare solo per la sua bellezza. È vero, Marilyn emanava sessualità a chiunque le stava intorno, recitava questa parte dell’oggetto del desiderio. Ignoravo anche la faccenda del farsi fotografare. Di fatti, sembra che avesse timore e disagio nel stare davanti la cinepresa, perché rischiava di dover mettere a nudo qualcosa che andava oltre la sua immagine, non era abbastanza sicura di esserne all’altezza. Invece adorava essere fotografata, e chiamava il suo fotografo ovunque e in ogni momento, anche in piena notte, quando ne aveva voglia, quando rasentava una crisi di identità e sentiva probabilmente l’esigenza di riaffermarsi come donna, come Marilyn.
Hanno mostrato delle foto molto belle, molte non le avevo mai viste. Anzi, le più belle sono proprio quelle meno commercializzate forse, dove traspare anche un non so che di malinconico negli occhi di questa magnifica donna, perché di essere bella, è veramente bella, anche senza trucco il suo sorriso, per quanto un po’ teatrale e di ruolo, è molto, molto accattivante. Ecco, ho avuto proprio voglia di afferrare fogli e matite, cercare questi scatti su internet e disegnarla, proprio come mi ispirerebbe la voluttuosità delle vesti di Atena nike o il candore di Amore e Psiche. Sì, con pochi tratti si potrebbe caratterizzare questo volto dagli occhi truccati, gli zigomi alti, la bocca sorridente e la  dentatura perfetta. Ma mi sono fermata, no, non mi va. Mi sembrerebbe di profanare ancora una volta l’immagine. L’immagine che l’ha proprio distrutta, della quale non ha saputo portare il peso. In effetti, il video del compleanno di Kennedy dove lei canta Happy Birthday Mr President, è veramente penoso. Con occhi attenti si può leggere la fatica, la stanchezza e la distruzione a cui andava in contro in quel periodo. L’ostentare, il proporre ancora se stessa come Marilyn ma essere disfatta dalla stessa. Allora mi sono detta, no, sarebbe come riproporre ancora e ancora questo cliché della donna oggetto. Poi forse cambierò idea e vedrò il disegnarla come un tributo alla sua vita, un pensiero di solidarietà femminile ad una Diva che ha fatto sognare gli uomini e anche le donne, di poter essere, anche solo nell’immaginario sexy come solo lei sapeva essere.

domenica 17 marzo 2013

Storia di una moglie e Gentil Marito


Mi è balenato alla mente questo episodio di molti anni fa.
Era il mio periodo “cattolico praticante” (ma questa è un’altra storia). Eravamo un gruppo di 7-8 persone, piuttosto eterogeneo, che si incontrava una volta alla settimana per leggere la Bibbia, fare quattro chiacchiere e ovviamente, mangiucchiare qualcosa in compagnia. Ci incontravamo a casa di uno di noi, verso le 20.00, di solito infrasettimanalmente, e la cosa andava avanti massimo per un’ora e mezza visto che l’indomani si andava a lavorare. Eravamo simpatici, ricordo che nonostante non fossimo tra noi tutti “amici”, andavamo allegramente d’accordo. C’era una giovane mamma (diciamo trentenne, età che dal basso sei miei 19 anni appariva piuttosto lontana), mi sembra si chiamasse A., aveva due figli piccoli di circa 3 e 5 anni, un marito un po’ troppo serio, carina, dolcissima. Era una sera di queste, come tant; avevamo letto la Bibbia e chiacchierato davanti dei dolcetti. Al momento di andar via non erano ancora le 22,00, ci trovavamo all’ingresso ad infilare cappotti, scambiarci baci e abbracci e fare le ultime battute di una serata tra amici. Qualcuno aprì la porta per uscire e, sul pianerottolo delle scale, vediamo arrivare proprio in quell’istante il marito di A. con i due bambini a seguito che si trascinavano per le scale, i giubottini sul pigiama e una faccia da morti di sonno. Lui, incazzatissimo, nero in viso, sale gli ultimi scalini arriva sull’uscio e A., vedendoli, sorpresa e incredula gli va incontro chiedendo: <Cosa è successo?>. Il Gentil Marito, con grazia le rispose con un bello scappellotto in testa e molto più soavemente le ringhiò tra i denti: <Sei ancora qui?!>. La povera A., sempre più incredula <Ma è successo qualcosa ai bambini?> e lui <I bambini hanno sonno, chiedevano dov’era la loro mamma!> e l’afferrò da un braccio trascinandola giù per le scale e via a casa, donna! Che hai una famiglia!
Noi rimanemmo allibiti. L’altro papà del gruppo farfugliò qualcosa al Gentil Marito per cercare di quietare gli animi, ma non fu molto convincente perché il dubbio che sarebbe stato meglio farsi i cazzi suoi era molto forte.
La cosa “bella” del fatto è che pochi giorni prima il Gentil Marito ci disse, mentre A. non c’era, che era molto felice perché vedeva sua moglie finalmente contenta nel poter frequentare una compagnia come la nostra. <Prima>, confessò, <quando frequentava i Testimoni di Geova, l’avevo persa, non era più la stessa! Sono contento di darle questo tempo tutto per lei!>
E sti cazzi!

Così A. La Mamma quella sera seguì in silenzio il Gentil Marito, tornò a casa, probabilmente chissà, il giorno dopo cucinò un bel pranzetto per farsi perdonare, coccolò i suoi bambini, forse col senso di colpa per averli abbandonati, cercò di essere una mamma e una moglie migliore. Ho forti dubbi nel credere che invece, A. La Donna avrebbe voluto dire al Gentil Marito, vedendoselo davanti quella sera: <Testa di Cazzo che non sei altro, non riesci a mettere a letto i tuoi figli? Preferisci venire qui a inscenare questo siparietto per umiliarmi? Ti sei sputtanato alla grande stasera, Cazzone!>. Ma A. forse era troppo per bene per usare questi termini coloriti, tuttavia il succo del messaggio sarebbe stato questo.

Questo mi fa pensare al ruolo delle donne nelle famiglie. Non voglio fare il solito discorso sui maltrattamenti alle donne o sull’emancipazione bla bla bla… no, penso solo a quanto nelle nostre famiglie fanno le mamme, le moglie, le sorelle… Perché una Donna in quanto tale, all’interno di una famiglia assume tanti valori, tanti colori diversi, e spesso rinuncia al suo. Una mamma pensa prima ai propri figli e i propri figli hanno bisogno di un papà, il papà che è un Gentil Marito o chiunque altro, ma è sempre un papà. Le mamme sono la colla delle famiglie. Sono prima questo, poi sono anche donne. Le donne riescono a far questo. sanno quando devono perdonare, quando alzar la voce, quando far finta di niente. Anche in silenzio riescono a farsi sentire. Sanno trattenere, sanno quando è il momento di lasciar andare.


giovedì 7 marzo 2013

Della miserabilità

Guardare il mondo da dietro un vetro sporco di polvere, osservare i fatti e spogliarli dei giudizi d’impeto, delle impressioni, delle valutazioni sentimentali…
Mi ritrovo ad estraniarmi dalla centrifuga delle cose, quello stato in cui tutto gira veloce veloce e non c’è tempo per fermarsi, prendere le distanze, valutare, assaporare, gettar via. Faccio un passo indietro e mi scosto dalla pioggia violenta di parole e cose gettate lì, troppe informazioni e altrettante disinformazioni.
Da questa posizione un po’ arretrata, possono farsi tante valutazioni, vedere le cose forse con il loro colore più vero, con le giuste discromie o sfumature gradevoli. E da qui, ne vedo tante di cose. Tante cose belle che spesso non sono portata a considerare, le più piccole cose che possono allietare il cuore: un sorriso, un gesto, un raggio di sole tra le persiane.
E poi, vedo tanti, tanti gesti disperati, insensati, dettati dai rancori e dall’invidia. Mi accorgo di quanto sia miserabile l’essere umano, capace di cose meravigliose ma altrettanto abile nel disprezzare il prossimo, se stesso, la natura. Certo, io mi ci metto in mezzo, a piene mani. E da questa constatazione di uno stato così commiserabile della bassezza dell’uomo, dal più profondo del mio cuore chiedo perdono, a me stessa, agli altri, al nostro Creatore se volesse ascoltarmi. Perdono per questa miseria di vita che facciamo, quando scendiamo dal macchinone fiammante con le nostre buste piene di roba pagata con i soldi che guadagniamo a lacrime e sangue per poter conquistare uno status che mai raggiungeremo, chiedo perdono quando un fratello non saluta l’altro fratello per questioni di onore e rispetto, chiedo perdono per quella persona che ci ha rubato 550 €, perdono per noi che ci arrabbiamo per cose che, di fronte una malattia, una morte, un pianto di gioia o una nuova vita, si svuotano di ogni significato.


Perdono per la nostra miserabilità, per tutte quelle volte che invece di ringraziare e amare ciò che abbiamo, vogliamo ottenere sempre e solo di più.

Tutto ciò che verrà sarà misurato dalla mia capacità di gioire oggi, non dalla quantità di fiele che metto nel creare il futuro distruggendo il presente.